Il referendum del 12-13 giugno 2011 ha sconvolto l’ordinamento dei servizi pubblici locali, e in particolare quello per i servizi idrici.
Questo ha determinato una certa confusione tra gli obiettivi politici dichiarati del referendum (contrastare la “privatizzazione dell’acqua”) e il diritto comunitario, che invece predilige – seppure con ampi margini – l’affidamento dei servizi tramite gara.
Gazzetta ambiente ritorna su questo tema e lo fa con l’aiuto di Lucia Quaglino, Serena Sileoni e Carlo Stagnaro dell’Istituto Bruno Leoni. Gli Autori attraverso un’analisi puntuale dello stato dell’arte del servizio idrico nel nostro Paese, illustrano le problematiche e le possibili soluzioni.
L’articolo analizza le conseguenze del referendum sotto i due vincoli derivanti dalla necessità di finanziare gli investimenti e dalla compatibilità con le direttive europee.
A questo scopo è necessario guardare quello che avviene negli altri Paesi europei. Infatti, sono stati oggetto di studio le modalità di gestione del servizio in alcuni casi “di successo”: il monopolio territoriale vitalizio inglese, privato e regolato; la gestione delegata francese e quella pubblica tedesca.
In questo settore è importante adottare una normativa di riferimento chiara e coerente, che sia da un lato compatibile con le norme europee, dall’altra in grado di consentire gli investimenti necessari a migliorare la qualità del servizio e, in alcuni casi, a sanare gravi inadempienze del nostro Paese rispetto a quanto previsto dalle direttive europee sulla qualità delle acque.
Sulla base delle esperienze italiana ed estere, gli Autori hanno formulato alcune proposte di policy.